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La radiestesia è una psicosi collettiva?
Nel 1990 Rick Strassman ha iniziato la ricerca sugli effetti delle sostanze psichedeliche, o allucinogene, sugli esseri umani. Questi studi hanno esaminato gli effetti della N,N-dimetiltripamina, uno psichedelico estremamente potente di breve durata. Nel corso dei cinque anni del progetto, ha somministrato circa quattrocento dosi di DMT a 60 volontari. La ricerca è avvenuta presso il Dipartimento di medicina dell’Università del New Mexico, ad Albuquerque, dove ha assunto l’incarico di Professore Associato di Psichiatria. Sceglie di studiare gli effetti della DMT perché è presente nel corpo umano. La DMT è presente anche nella Ayahuasca bevanda che si usa nei rituali sciamanici. Strassman crede che la fonte della DMT sia la misteriosa ghiandola pineale.
La sua domanda è questa: “Un’eccessiva produzione di DMT da parte della ghiandola pineale è coinvolta negli stati psichedelici che avvengono in modo naturale: la nascita, la morte, gli stati di premorte, le psicosi e le esperienze mistiche?
Il libro descrive con passione questa rigorosa ricerca scientifica.
Durante le somministrazione della DMT, i volontari dovevano raccontare quello che sentivano.
Il capitolo 13 raccoglie l’esperienza dei soggetti che sotto l’effetto della DMT sono entrati in contatto con loro o con altri esseri. C’era chi li definiva entità, esseri, alieni, guide e aiutanti. Insomma altre forme di vita che venivano incontrate in un mondo nuovo non materiale e percepito reale. Questi esseri compivano analisi, operazioni oppure spiegavano cose comunicando con la telepatia.
Strassman all’inizio cercò di evitare la tentazione di sviluppare un qualsiasi modello esplicativo, sia a suo beneficio che a quello dei volontari. Dopo un po’, tuttavia, tutti avevano bisogno di dare un senso a questo tipo di sessioni.
In qualità di psichiatra propose l’approccio biologico.
Cominciò a spiegare ai volontari che la droga attivava specifiche aree del cervello, strettamente collegate tra loro, che innescavano una sequenza di visioni e di sensazioni a livello della mente. Credeva in poche parole che queste esperienze fossero allucinazioni piuttosto complicate, semplici prodotti della chimica cerebrale originati da una droga allucinogena, tipo un sogno lucido.
I soggetti della ricerca si opposero in maniera tenace questa spiegazione di carattere biologico, perché riduceva la vastità, consistenza e innegabilità dei loro incontri. Come si poteva credere che ci fossero delle parti di tessuto cerebrale che una volta attivate, mostravano per un attimo incontri con esseri, esperimenti e riprogrammazione?
Anche l’ipotesi del sogno lucido non soddisfaceva il bisogno dei volontari di trovare un modello che desse un senso alla loro esperienza. Molti di loro iniziavano i loro resoconti dicendo: “non era un sogno lucido”, o “non me lo sarei potuto inventare nemmeno se avessi voluto”.
Allora il medico provò un altro approccio, quello psicologico.
In pratica, queste esperienze erano il simbolo di qualcos’altro: desideri, paure e conflitti irrisolti. Ma anche questa interpretazione non dava ragione dell’esperienza che i volontari stavano facendo.
I volontari avevano il bisogno di dare un senso a queste esperienze bizzarre. Come avrebbero potuto cogliere l’esperienza appena fatta? Era stata la loro immaginazione? Ma come aveva potuto la loro immaginazione creare uno scenario più reale di quello della coscienza ordinaria? E se quello fosse stato reale, come potevano ora vivere la propria vita sapendo dell’esistenza di altri universi paralleli e invisibili abitati da forme di vita intelligenti? Chi sono questi esseri? Qual è la natura della loro relazione con i volontari una volta stabilito il “contatto “?.
Strassman decise di abbandonare l’approccio riduzionista e materialistico del tipo: “So io di cosa si tratta”.
Come esperimento mentale, decise di agire come se i mondi che i volontari avevano visitato e gli esseri con i quali avevano interagito fossero reali proprio come lui, come la stanza dell’ospedale nella quale venivano fatti gli esperimenti.
Facendo così ci fu una maggiore libertà di rispondere in maniera più empatica e di vedere dove queste sessioni avrebbero portato.
Fu possibile così iniziare a considerare altre vie per comprendere quei resoconti inspiegabilmente coerenti dei volontari. Nonostante ciò, sentì un certo disagio nell’adottare questo approccio in risposta ai resoconti sul contatto.
Cominciò a domandarsi se non stesse per iniziare ad addentrarsi in una specie di psicosi condivisa. E anche i volontari se lo chiedevano.
Mancano ancora alcuni capitoli alla fine del libro...
...E’ una specie di psicosi condivisa?
Questa è una domanda che mi interessa tantissimo.
Anche la radiestesia, (l’uso del pendolo), dal punto di vista psichiatrico può essere considerata e a volte viene definita come una psicosi condivisa. Sebbene chi usa il pendolo affermi che le indicazioni che riceve sono ben reali e che non vengono da lui, e che sebbene sia la sua mano a muovere il pendolo non è consapevole dei movimenti che la mano produce.
Rick Strassman DMT la molecola dello spirito Edizioni Spazio Interiore, 2014
Rick Strassman, DMT la molecola dello spirito, Edizioni Spazio Interiore, 2014, pp. 365
venerdì 15 agosto 2014